| Georgina
        Masson ne fa questa suggestiva descrizione: "Un sentiero
        accidentato conduce attraverso prati giù ad una valletta. Sono appena
        visibili le rovine di antichi terrazzi di sotto ai rovi. I giunchi
        mormorano nel letto di un invisibile ruscello, il gorgoglio del quale riempie
        l'aria quieta. In fondo alla valletta, voltiamo a sinistra lungo la
        vecchia carreggiata invasa da erba e cespugli. Ad un tratto scorgiamo
        una grotta del tipo classico dove, da una nicchia, scaturisce, come ha
        fatto da secoli, una fonte di acqua limpidissima. L'edera ricade a
        festoni sull'arco che funge da ingresso alla stanza a volta costruita
        nel fianco della collina. Per qualche istante ci lasciamo quasi
        ingannare, persuasi di vedere in fondo allo stanzone, giacente, la ninfa
        in persona. Si tratta del coperchio di un sarcofago dell'era classica
        posto li, si dice, nel secolo XVI, quando la grotta venne restaurata e
        divenne oggetto delle fantasiose meditazioni degli artisti. Oggi nessuno
        sembra venirci più. La solitudine circostante ha conservato inviolato
        il luogo, ed è augurabile che rimanga tale".
         Questo
        luogo ancora oggi accoglie chi vi si avventura a cercare la spelonca o
        la fonte della Ninfa Egeria, fuori porta
        S. Sebastiano, nei pressi della caratteristica chiesa di S.
        Urbano, costruita sull'antico tempio di Bacco, fra il IX e l'XI
        secolo, nell'area che apparteneva all'ateniese Erode Attico. Il ninfeo
        risale al II secolo e, secondo alcune testimonianze, doveva essere
        tappezzato di marmi policromi e adorno di sculture poste nelle varie
        nicchie laterali. una vasca si trovava in fondo alla grande sala e
        raccoglieva l'acqua proveniente dal vicino fiume Almone che proveniva da
        alcune bocche poste sotto la grande statua dedicata ad una divinità
        fluviale, probabilmente l'Almone stesso. La vasca ricoperta da una
        pietra marmorea nel 1634, quando sia il ninfeo-grotta che la chiesa di S.
        Urbano vennero restaurate. Molte sono le leggende che hanno
        tratto spunto da questo luogo, in cui si respira un'atmosfera magica e
        carica di mistero. Si
        racconta che Numa
        Pompilio si recasse nella grotta per ricevere consigli dalla
        ninfa Egeria, in incontri notturni misteriosi e segreti. Se questa ninfa
        esistesse o meno, molti nutrono forti dubbi, sostenendo che fosse un
        espediente escogitato dal re per imporre le leggi sull'irruente popolo
        romano, facendo leva sulla sua grande superstizione. Ovidio racconta
        invece,che Egeria, moglie del re di Numa, si ritirò per il grande
        dolore dovuto alla morte di quest'ultimo, nel bosco Alicino, nelle
        vicinanze della grotta e che, successivamente, Diana la trasformò in
        fontana dalla chiara e limpida acqua. Forse
        è quella di cui rimangono ora pochissime e celate rovine, avvolte fra
        rigogliosa vegetazione. Intatto e abbondante il flusso di freschissima
        acqua che ancora alimenta la fonte. |