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        Carlino per i romani, una delle più piccole e più belle chiese di
        Roma, è adiacente all'incrocio delle Quattro
        Fontane tra la via Felice e la strada Pia (ora scomposta in via
        Quattro Fontane, Agostino De Petris e Via del Quirinale, XX Settembre),
        sistemato da papa Sisto
        V con le fontane dei fiumi ai quattro angoli dell'incrocio,
        con le prospettive dei tre obelischi (Esquilino,
        Sallustiano
        e del Quirinale)e
        della michelangiolesca porta
        Pia: il tutto costituisce uno degli insiemi più
        caratteristici della città.
        Molti, in questa chiesa, sanno delle sue ridotte dimensioni, pressappoco
        equivalenti a quelle di uno dei quattro grandi piloni che sorreggono la
        cupola di S. Pietro, ma non altrettanto
        note sono le vicende storico-costruttive.
        Ai primi del seicento si stabilirono sul luogo i Trinitari Spagnoli, che a
        partire dal 1634 iniziarono la costruzione della chiesa e dell'annesso
        convento su progetto di Francesco
        Borromini. Cantiere che lo accompagnò per tutta la vita. Il
        convento fu costruito tra il 1634 ed il 1636, la chiesa tra il 1638 e il
        1641, e consacrata nel 1646, la facciata tra il 1664 e il 1667, anno di
        morte dell'architetto, cui seguì il nipote per gli ultimi lavori di
        completamento, tra cui il campanile (1670), sempre sulla scorta dei
        disegni dell'artista. I disegni erano stati realizzati in grande numero
        e, conservati nella biblioteca viennese dell'Albertina, sono tra i
        massimi capolavori del disegno d'architettura.
        La splendida facciata, ultima opera borrominiana, trasmette con forza la
        propria energia interna, suggerita dall'andamento curvilineo, concavo ai
        lati, convesso al centro, del prospetto a due ordini.
        
        
         L'interno, la cui pianta è costituita dall'intersezione di un rombo e di
        un'ellisse, ha uno sviluppo fortemente verticale, che conduce gli
        sguardi verso la cupola ovale, a croci, ad ottagoni, ed esagoni che
        vanno riducendosi di dimensioni verso il lanternino, suggerendo l'idea
        di uno spazio maggiore che non in realtà, soluzione derivata da
        monumenti a cupola della tarda antichità romana, che si sa Borromini
        aveva studiato accuratamente.
        Di grande raffinatezza sono tutte le soluzioni decorative, anch'esse
        minutamente dirette dal Borromini,
        unificate dalla profusione di stucchi bianchi che danno alla chiesa una
        tonalità luminosa particolarmente chiara e pastosa. Al Borromini
        viene attribuito anche i disegno dei confessionali, che in effetti
        riprendono le forme architettoniche della chiesa.
        Due sono i dipinti di rilievo, la pala dell'altar maggiore, i SS. Carlo
        Borromeo, Felice di Valois e Giovanni de Matha in adorazione della
        Trinità, opera del francese Pierre Mignard (1646) e, nella
        sagrestia S. Carlo Borromeo in adorazione della Trinità, del
        pittore caravaggesco Orazio Borgianni (1612).
        Di solito non visitabile, al chiesa sotterranea riprende, semplificati, i
        motivi e le forme di quella superiore,, dove le colonnine della
        balaustra sono alternativamente dritte e rovesciate, manipolando così
        un elemento consueto del lessico architettonico perché ne guadagni il
        ritmo complessivo dell'ambiente.
        la cura portata ai particolari del Borromini
        è esemplificata dal coronamento in ferro battuto del pozzo al centro
        del chiostro, studiato anch'esso dall'architetto in decine di disegni,
        tutti conservati, come detto, a Vienna, in cui vengono sviluppate tutte
        le possibili soluzioni, con scarti minimi tra una e l'altra, fino ad
        arrivare a quella definitiva, sul disegno della quale dalla mano
        dell'architetto viene siglata la scelta con la parola
        "Questo!".
        
        
         
        Di notevole interesse anche l'architettura del convento, che in alcune
        soluzioni sembra preludere a quella del settecento. Lo scorcio miglior
        si ha da via de Petris, da dove è visibile anche il campanile.
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