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Museo Nazionale d'Arte Sanitaria

 

Ospedale Santo Spirito

 

Lungotevere in Sassia

 

 

Il Museo Storico Nazionale dell'Arte Sanitaria è situato in grandi ambienti forniti dal Pio Istituto di S. Spirito, oltre l'antica Sala Alessandrina così chiamata dal nome del Pontefice, Alessandro VII, che la fece costruire, sala che un tempo era adibita al ricovero dei feriti e chiamata precisamente "Ospedaletto dei feriti".

La costruzione dell'Ospedale di S. Spirito si deve nel 1198 al Papa Innocenzo III ( 1198- 12 16) nel primo anno del suo Pontificato; distrutto da un incendio nel 1471 , venne ricostruito dal grande Papa Sisto IV , subisce successive modifiche nei tempi dovute ad interessamento di diversi Pontefici.

L'Ospedale di S. Spirito ha costituito nella Storia Ospedaliera romana, oltre che un centro di cura e di assistenza, una importante sede di insegnamento della Medicina; per la presenza della Biblioteca creata dal Lancisi (tutt'ora presente "La lancisiana"), ed un attrezzato teatro anatomico (le cui reliquie, di quello che fu uno dei più celebri musei anatomici di Europa, creato dal Flaiani, è conservato nell'attuale Museo).

Da ultimo Santo Spirito possedeva una "Spezieria" conosciuta come centro di produzione e smistamento della polvere ricavata dalla corteccia di China, allora molto in voga per il trattamento delle forme febbrili, in particolare della malaria assai diffusa nell' agro romano nel Museo sono conservati il "Tempietto della China" che conteneva le macine ed il "cassone contenitore" della corteccia".

Subito dopo la guerra mondiale 1915/18 si costituisce il primo gruppo per la fondazione del Museo Storico Nazionale dell'Arte sanitaria. Si doveva trovare una degna sistemazione a tutto il materiale che era stato raccolto in Castel S. Angelo, di soggetto sanitario, in occasione della Mostra Universale del 1911 tenuta per il cinquantenario dell'Unità d'ltalia.
I Promotori sono tre persone collegate dallo stesso amore, che intesero dar vita ad un monumento morale, più ancora che materiale, che stesse ad indicare alle nuove generazioni, specie ai nuovi medici, quali furono le fatiche e le glorie delle epoche trascorse.
Questi tre furono un Generale e due Medici. Il Generale Borgatti che aveva dato prova di imperitura capacità nella ricostruzione di Castel S. Angelo e nella sistemazione del Museo dell'Arma del Genio.
II Prof. Carbonelli che dopo aver svolto la sua attività di medico in Piemonte, in Francia, in Spagna, nell'America Latina, in Germania termina la sua professione quale Direttore della Maternità di Torino.
Al Carbonelli sorge l'idea di far ricerca dei preziosi strumenti chirurgici dispersi dagli invasori franco-napoleonici che erano conservati nel Convento di S. Natale a Ravenna, il cui catalogo era stato pubblicato a Faenza nel 1766.

Il Professor Pietro Capparoni che dopo aver svolto dapprima una carriera chirurgica negli Ospedali Riuniti di Roma, è assistente alla Cattedra di Clinica Chirurgica diretta da F. Durante, compie viaggi di studio in Asia, Africa ed America. Nel 1897 lo troviamo a Bombay nel laboratorio diretto da W. Haffkine pioniere della vaccinoterapia della peste e del colera.
Il Capparoni aderisce alla Società Italiana di Storia della Medicina e delle Scienze Naturali sorta nel 1907 per iniziativa del grande Baccelli, divenuto Ministro della Pubblica Istruzione, e da questo momento; lasciata la libera professione, si dedica soltanto alla Storia della Medicina.
L'insegnamento della storia della Medicina pur non previsto dalla legge del 13 novembre1859, per opera di leggi apposite vede istituite alcune cattedre, Bologna con il De Meis, Napoli con il De Renzi; ed altre cattedre vengono date per incarico e così la Storia della Medicina ottiene l'inserimento fra le materie complementari. A Roma nel 1898 con V. Pensuti, a Siena nel 1913 con D. Barduzzi, a Bari nel 1924 con il Capparoni, subito dopo la fondazione dell'Università; troveremo il Capparoni successivamente alle Cattedre di Pisa e di Bologna.

Nasce nel 1910 la rivista di Storia critica delle scienze mediche e naturali, che diventa l'organo ufficiale della Società Italiana di Storia della Medicina e delle Scienze Naturali e nel 1913 Capparoni ne diventa Direttore ed Amministratore.
Nel 1911 per l'Esposizione celebrativa del Cinquantenario del Regno d'ltalia, lo troviamo "Commissario Ordinatore" del reparto dedicato alla medicina ed alla farmacia collocato in Castel S. Angelo (il cui materiale rappresenterà il nucleo del futuro Museo Storico Nazionale dell'Arte Sanitaria).

Per la potenza della fede e dell'idealismo e per l'opera di questi tre personaggi l'idea di raccogliere tutto questo immenso materiale storico si tradusse (rapidarnente in pratica, ad essa vennero incontro quasi influenzate) dalla stessa forza le massime Rappresentanze della Città di Roma e della Nazione. Il Comune di Roma, i Ministeri degli Interni, della Pubblica Istruzione, della Guerra e della Marina, il Sovrano Ordine di Malta, l'Ordine Mauriziano di Torino, la Croce Rossa Italiana, ed infine ultimo nell'elenco, ma non certo nel valore e nell'aiuto concesso il Pio Istituto di S. Spirito ed Ospedali Riuniti di Roma.

Nasce così "L'lstituto per il Museo Storico dell'Arte Sanitaria". La seduta di fondazione viene tenuta il 22 aprile 1920 alle ore 10,30 nel Salone Consiliare del Palazzo del Commendatore di Santo Spirito in Sassia a Roma.

Sono presenti i Rappresentanti degli Enti sopra menzionati ed i tre promotori, funge da Segretario il Prof. Pietro Capparoni. Viene redatto il primo "regolamento statutario", e stabilita la prima sede provvisoria nelle sale dell'Antico Museo Anatomico del Flaiani a Santo Spirito in Roma gentilmente concesso dalla Presidenza della Commissione Ospedaliera, per il deposito del materiale che dovrà essere trasferito da Castel S. Angelo e per lo studio del suo ordinamento.

La Direzione dell'lstituto viene affidata ad una Commissione Esecutiva.
Lunghe sono state le peregrinazioni fino a giungere a locali adatti e degni.
Finalmente sotto la Presidenza di S.E. E. Cotta, il Pio Istituto di S. Spirito concede nell'Archiospedale in Sassia una sede insperata; ampi locali oltre l'antica sala Alessandrina, siamo però giunti al 26 giugno 1929. Così dopo il riordino del materiale nei nuovi locali ad opera principalmente del Capparoni, come ebbe a sottolineare il 1°Presidente dell'lstituto, Prof. Bilancioni nel suo discorso inaugurale; "...un voto di plauso fervidissimo propongo per l'amico Capparoni, che con la Sua competenza, da tutti riconosciuta e con la passione che lo anima, è stato fattivo ordinatore del Museo, senza la sua opera faticosa e disinteressata esso non avrebbe potuto sorgere e perciò va a Lui la gratitudine di tutto l'Ente.
E' l'11 maggio 1933, alla presenza di illustri personalità del mondo politico, militare e scientifico il Museo viene inaugurato.

Così finalmente quello che fu lo scopo del gruppo promotore, cioè reagire contro l'ignoranza di una educazione scientifica e tecnica priva di Storia, di Arte e di Filosofia, che solo ci danno il senso della realtà urnana, si potette affermare che certamente la più ideale e la più ricca di tutte le discipline è la Storia perché è al tempo stesso particolare ed universale, studia l'individuo, la specie ed il genere umano, indagando, narrando ed ammaestrando ci mostra come si è vissuto e quindi ci insegna a vivere: "senza conoscere il passato non si può conquistare il futuro".

Dobbiamo ricordare che l'lstituto Storico per il Museo dell'Arte Sanitaria era sorto "con lo scopo di promuovere e disciplinare gli studi storici dell'Arte Sanitaria in Italia e d'integrare le manifestazioni con un Museo, una biblioteca ed un archivio storico". Il 14 maggio 1922 con R.D. n. 746 viene eretto in Ente Morale ed assume la denominazione di I.S.l.D.A.S. (lstituto Storico Italiano dell'Arte Sanitaria).

Allo scopo di infondere nuova vitalità all'lstituzione e di nobilitarlamettendola nel rango che più le si conveniva, ed allo scopo di onorare i nobili tini raggiunti dall'lstituto, l'Assemblea Generale dei Soci riunita in seduta plenaria nel palazzo del Commendatore di S. Spirito, il 10 aprile 1934 approva la proposta di mutare la Norma del sodalizio in Accademia a classi chiuse con tutto il programma di lavoro scientifico, consistente in conferenze, corsi di lezioni, concorsi ecc.

La Commissione Ministeriale approva il nuovo statuto ed il titolo di Accademia. L'Accademia ha così il suo stemma ed il suo motto, una palma verde in campo d'oro con la scritta "Nec in arido arescit"; in queste quattro parole è racchiuso tutto un programma ed una speranza. Lo Statuto è approvato con R.D. n. 2389 del 16 ottobre 1934. La legge 833/78 trasferisce, con effetto 1 ottobre 1980, al Comune di Roma i beni Culturali, artistici e monumentali dell'ex Pio Istituto di S. Spirito; pertanto il materiale storico presente nel Museo ed in deposito del Pio Istituto diviene proprietà del Comune di Roma. Ma il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali in data 27 settembre 1989, in rispetto della legge 1 giugno 1939 n. 1089 art. 4, pone il vincolo su l'intero immobile sede del Museo e su tutto il materiale ivi contenuto, affidando la custodia al Presidente pro tempore dell'Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria sita in Roma Lungotevere in Sassia n. 3.

Il Museo Storico Nazionale dell'Arte Sanitaria è distribuito tra nove ampi locali il più grande dei quali è la sala Alessandrina, che, come già menzionato fu adibita un tempo al ricovero dei feriti e denominata "Ospedaletto per feriti" (oggi pronto soccorso), sita al piano terra; attraverso uno scalone si accede al piano superiore dove troviamo le altre sale. Tutto il Museo si estende su una superficie di 840 metri quadrati. Non esiste certamente in Italia e forse in Europa un altro Museo che possa vantare preziosi cimeli di Storia dell'Arte Sanitaria.

Sorvolando su oggetti che sono comuni a qualsiasi raccolta, fermeremo la nostra attenzione solamente su quelli più significativi iniziando dal piano terra.

La costruzione risale unitamente alla Sala Alessandrina tra il 1665 ed il 1661 ad opera del Papa Alessandro VII. Si ammirano sulla parete di sinistra, entrando, in alto lo stemma di Pio IX con una lapide in marmo in ricordo del restauro del 1787 quando ricopriva la carica di Preceptor Mons. G. Castiglionaeus. Al centro è sistemato un grande mortaio in marmo ai cui lati due enormi angeli. Alla parete sul tratto di destra è murato un monumento eretto nel 1902 dall'Ordine dei Medici in ricordo del Dott. Enrico Bondi ucciso da un malato di mente. Sotto gli archi sono sistemati alcuni stemmi in travertino del S. Spirito.

 

Sala Alessandrina

Adibita dal 1971, a seguito di lavoro di restauro eseguiti dal Pio Istituto in accordo con l'Accademia, ad Aula Magna, dispone di 200 posti a sedere. Alle sue pareti si ammirano le tavole anatomiche di Paolo Mascagni (1752-1815) sono dei quadri dipinti a mano di cui hanno un particolare interesse storico le raffigurazioni del sistema linfatico. Mascagni lo troviamo professore all'Università di Siena e successivamente lettore di anatomia nell'Ospedale S.M. Nuova di Firenze.
Sono presenti, sernpre appesi alle pareti, dei dipinti ad olio appartenenti a Guglielmo Riva (1627-1677), celebre anatomico e chirurgo dell'ospedale romano della Consolazione, rappresentano, uno il sistema chilifero, gli altri due, uno "l'esaltazione del fegato ed un altro del cervello". Sulle rampe dello scalone si osservano alcuni busti di sanitari tra i quali emerge quello di Ippocrate. Sui lati dell'ingresso, attraverso il quale si accede alla sala Flaiani, si notano due grandi medaglioni uno di Pio VI e l'altro del Cardinal F.S. De Zelada, Segretario di Stato di Pio VI. Al disotto dei due medaglioni sono murate due lapidi, una per lato, una in ricordo dei tre fondatori della Accademia (Borgatti, Capparoni e Carbonelli) e l'altra con testa in bronzo dedicata al Primo Presidente dell'Accademia Pietro Capparoni.
Al centro della parete che sorregge lo scalone sotto il busto di Ippocrate spicca lo stemma dell'Accademia e subito sotto una lapide in bronzo che ricorda tutti i medici caduti nell'adempimento del loro dovere con davanti in gran vista una statua di Esculapio.

 

Sala Flaiani

La sala contiene quanto rimane di quello che fu il Museo di S. Spirito, fondato dal grande chirurgo G. Flaiani (1739-1808), primario di S.Spirito ed archiatra di Pio VI, che possiamo affermare fu uno dei maggiori musei anatomici d'Europa. Flaiani in accordo con il Preceptor di S. Spirito d'allora, Mons. Romualdo Guidi, decise la fondazione del Museo perché potesse servire come insegnamento agli studenti.
II decreto porta la data del 15 agosto 1772. Al Flaiani veniva corrisposto un compenso di 10 scudi al mese e doveva, oltre l'insegnamento, fornire almeno due preparazioni anatomiche all'anno.
Raccolte in ampi scaffali si ammirano numerose preparazioni anatomiche rimaste intatte a sfidare l'onta dei secoli, trattate certamente con una tecnica di conservazione veramente ammirevole.
Vediamo alterazioni dello scheletro, pezzi di anatomia patologica, tra i quali spicca un'aneurisma dell'aorta che ha usurato con la sua parte anteriore, lo sterno. Crani ed arti nei quali si osservano le gravi affezioni sifilitiche, tremenda malattia che in tal forma oggi è raro osservare, teste mummificate con occhi di vetro. In una vetrina possiamo osservare una raccolta di calcoli di vari dimensioni.
Completano l'ornamento della sala dei preparati anatomici - le cere - donate dal Cardinal De Zelada e raccolte in eleganti cassette in noce eseguite a Bologna da un rinomato scultore specializzato in plastici, G.B. Manfredini, sotto la direzione del celebre anatomico Mondini.
L'ordinazione avviene in due successive richieste una del 1779 e, l'altra del 1792 rivolte dal Flaiani al munifico personaggio alfine di far prosperare il Museo Anatomico.

Tra esse troviamo di particolare interesse le preparazioni ostetriche che rappresentano le varie posizioni del feto nell'interno dell'utero materno, che occupano un posto veramente importante nella storia dell'ostetricia sia a Roma, ma particolarmente in Italia, a dimostrare come abbia avuto origine l'ostetricia sperimentale. Una vetrina raccoglie un cranio con spada che viene attribuito a Plinio il vecchio.
AI centro della sala emerge la "macina della china", foggiata a tempietto, sormontata da una cupola, tutta in legno di noce. La China viene introdotta a Roma nel XVI secolo per l'autorevole intervento del Cardinal S. De Lugo, e la macina serviva alla sua triturazione.

 

Sala Capparoni

Uscendo dalla sala Flaiani a sinistra si accede nella sala Capparoni occupata dalla magnifica raccolta donata dal Prof. Pietro Capparoni.
La grande importanza storico-medica risulta evidente anche ad un esame superficiale. Seguendo la disposizione delle vetrine iniziando da sinistra ci si presenta subito una importante collezione di ex-voti romani-etruschi di un realismo a volte veramente impressionante; accanto ad essi ammiriamo exvoti moderni modellati in cera ed ancora in uso oggi presso le popolazioni dell'ltalia meridionale e della Grecia.
Stanno a dimostrare la continuità dell'uso dei donaria anatomici attraverso i vari secoli fino ai nostri giorni. Proseguendo osserviamo una collezione di ferri chirurgici che partendo dallo strumentario romano, troviamo quello del medioevo, poi del rinascimento, dei secoli XVII e XVIII fino a quelli del secolo scorso racchiusi in astucci di mogano su piani di velluto rosso. Meritano una particolare attenzione alcuni speculi vaginali del XV-XVl-XVll secolo, questi ultimi sanno più di strumenti di tortura che strumenti usati a scopo medico.
Passando al materiale di natura farmaceutica, che compare alla nostra vista proseguendo nella visita, entriamo in un campo in cui il valore fisico e chimico della materia si sposa, in connubio indissolubile, con il pregiudizio e la superstizione.
Ammiriamo il flaconcino dell'olio degli scorpioni, utile per le morsicature degli animali velenosi; la triaca, le lingue serpentine, le pastiglie di terra siggillata provenienti dalla fonderia del Gran Duca di Toscana, che veniva fatta prelevare all'isola D'Elba.
Una corona da imposizione per le cure del mal di testa, raccolta in Spagna da Capparoni, un prezioso corno di unicorno (dente del narvalo) consernvato in astuccio di cuoio, insieme ad alcune farmacie portatili dell'epoca rinascimentale completano il materiale conservato nella parete di sinistra.
Proseguendo osserviamo una raccolta di recipienti in vetro ed in ceramica, usati un tempo, per la conservazione dei medicinali (molti di questi provengono dalla farmacia dei Cappuccini di via Veneto in Roma), una vasta collezione di stampe di medici illustri, lauree, editti sanitari ed altro completano questa importante collezione donata, come già detto da Capparoni alla sua morte.

Nella vetrina successiva troviamo le ceramiche e gli strumenti che costituiscono il lascito del Prof. Orlando Solinas, illustre studioso di Storia della Medicina, autore di numerosi lavori, morto pochi giorni dopo aver conseguito la libera docenza in Storia della Medicina. In un'altra vetrina sono conservati gli oggetti e gli strumenti donati dal Sen. Prof. Ovio, illustre maestro di oculistica, che ricopre la carica di Vicepresidente dell'Accademia.

Al centro della sala il modello in legno della corsia Sistina, che costituisce l'esempio del primitivo modello dell'ospedale di S. Spirito, ed un esemplare di macchina per l'elettroterapia del XIX secolo. Alle pareti alcuni quadri di medici illustri.

 

Sala Carbonelli

La collezione donata dal Prof. Carbonelli al Comune di Roma, che per volontà del donante fu consegnata in deposito perpetuo al Museo Nazionale dell'Arte Sanitaria, occupa la sala da cui prende il nome. E' collocata in una serie di vetrine dove sono sistemati i vari oggetti. Sono da notare, in particolare una collezione di trapani tipo Paré, seghe per amputazioni dal XVI al XIX secolo, speculi anali e vaginali dal XV al XIX secolo, strumentario chirurgico romano ed una raccolta di ferri per uso oculistico unitamente a farmaci per il medesimo uso.

Una vetrina è occupata da una raccolta di microscopi di forma varia e di epoche diverse (dal XVII al XIX secolo), una racolta di occhiali del XVI e XVII secolo. Racchiude in altre vetrine ammiriamo numerose ceramiche e vetrerie tra le quali le due ampolle di vetro di cui si servì Avogadro per dimostrare la legge della compressione dei gas. Una collezione di ex-voto etruschi e romani si osservano in un'altra vetrina. Alcuni strumenti ostetrici, in particolare vari tipi di forcipi, appartenenti alla maternità di S. Giovanni e donati da Papa Pio IX, occupano un mobile chiuso da vetri. Preziosa è la raccolta di medaglie, rnonete e sigilli medici. Una vetrina accoglie una venere anatomica in cera, alcuni ferri usati per la causticazione, la bandiera tricolore che appartenne al presidio medico che accompagnò il Duca degli Abruzzi nel viaggio al Polo Nord, infine una mano di bambina e due foglie, tutte metallizzate, da L. Motta con un procedimento rimasto sconosciuto dopo la sua morte.

Addossati alle pareti troviamo alcuni mortai in pietra e in metallo usati per pestare le droghe, un monumentale torchio in legno del XVII secolo che serviva per estrarre i succhi benefici dai vegetali; una curiosa statuetta in legno raffigurante "l'oppiato" (individuo sotto l'azione dell'oppio), proveniente da una farmacia del Piemonte.
Sempre collocati nella sala Carbonelli troviamo un elettrocardiografo donato dal Prof. Sebastiani (valente cardiologo romano) e la prima macchina cuore-polmone (Lillehei-Dewall) dono dell'illustre cardio-chirurgo G. Chidichimo.

Maestosa si erge la cattedra di G.M. Lancisi dove lui ed i suoi successori tenevano le lezioni di medicina ai sanitari dell'ospedale di S. Spirito. Da una parte due apparecchi "'storici per l'anestesia, fabbricati dalla Drager di Lubecca, si tratta di autentici cimeli (uno è il primo costruito nel 1914 su scala industriale a cloroformio ed eter, l'altro è uno dei primi modelli messi in commercio con l'avvento dell'uso del prodossido di azoto con ossigeno ed etere in circuito chiuso, tutto in nichel); un letto in noce per interventi ortopedici con relativi attrezzi del secolo XVII, non rnancano un lettino per visita medica ed uno per quella ginecologica.

Alle pareti sono affissi quadri e stampe dal XVII secolo ad oggi di soggetto medico. Una grande vetrina contiene tutto l'armamentario chirurgico, dono veramente regale, come appare da molti manici in avorio lavorato, che il Re Vittorio Emanuele II offrì al secondo Reggimento Granatieri, con accanto alcune cassette militari con cui si trasportava lo strumentario (qui in deposito di proprietà del Ministero della Difesa).

Due mobili vetrinati racchiudono uno (facente parte della collezione Capparoni) un medagliere a soggetto medico, una vasta collezione di lauree, decreti d'indole sanitaria, alcuni incunaboli. In un altro mobile sono esposti strumenti chirurgici dell'epoca romana cauteri, taglienti, un cinto erniario in ferro, protesi dentarie di epoche passate ed altri oggetti sempre di interesse medico.

Dalla sala Carbonelli si ammirano due ricostruzioni d'ambiente: una ANTICA FARMACIA del XVII secolo ed il suggestivo LABORATORIO CHIMICO-ALCHlMlSTlCO della stessa epoca.

I rari strumenti di alchimia e di chimica, gli ingredienti magici, le capsule dei semplici, il mobilio, il vasellame in porcellana proviene quasi tutto dall'antico materiale della "apoteca" di S. Giacomo in Augusta e da quello della Consolazione, danno un particolare fascino all'ambiente che quasi offre al visitatore l'illusione di vivere un attimo della vita passata. In un angolo del laboratorio è conservato un grande mortaio di pietra del XVII secolo munito di coperchio e chiavistello che all'epoca veniva usato per la stagionatura della triaca. La TRIACA era il principe degli elettuari, usato per molte affezioni, tenne il posto di una panacea per circa venti secoli. La storia narra che il primo elettuario del genere fu ideato da Mitridate, re del Ponto, sconfitto da Pompeo. Questo re non è tanto conosciuto per la storia del suo regno, ma per essere stato uno dei più illustri speziali dell'antichità.

Al "Mitridato" (così chiamato il suo antiveleno, composto di circa ottanta ingredienti), Andromaco il Vecchio, medico di Nerone, vi aggiunse la carne di vipera, nacque così la Triaca di Andromaco, esaltata e conosciuta per venti secoli. La confezione della Triaca ha rappresentato nei tempi una gloria nazionale per ogni governo, in quanto gli ingredienti variavano da una regione all'altra. Si narra che alcune triache furono composte con fino a centoventi ingredienti. La preparazione avveniva in forma pubblica a cui assistevano le autorità di governo sotto il diretto controllo del Collegio dei Medici e degli Speziali che dovessero garantire la bontà di ogni ingrediente.

Alla parete è fissata un calco in gesso riproducente la porta magica, simili ad un pezzo del rudero rimasto nel giardino di piazza Vittorio a Roma, dove la storia ci tramanda tenesse il suo laboratorio alchimistico il Marchese di Palombara.
Esso rappresenta la testimonianza epigrafica di una delle più antiche scienze: l'alchimia. Una strana leggenda nacque su questo gabinetto alchemico e sui segni cabalistici che troviamo incisi sulla porta; riguarda un misterioso pellegrino che, dopo aver tramutato una enorme quantità di metallo in oro mediante l'uso di un'erba che cresceva solo su quel colle, scomparve senza essere più rintracciato o rivisto.

 

Biblioteca

Completa il patrimonio del Museo una BIBLIOTECA in una scaffalatura autentica in noce del XVI secolo proveniente da un archivio capitolare monastico. Negli scaffali sono conservati oltre 10.000 tra libri, opuscoli, riviste e stampe riguardanti la Storia dell'Arte Sanitaria.
Molti di essi meriterebbero un esame singolo, ma questo è impossibile; alcuni hanno rilegatura di squisita leggiadria, vi si ammirano anche autografie.

Uscendo da questo Museo, vero Mausoleo della Medicina, resta più che mai la convinzione che quanto abbiamo visto ed ammirato ci danno la certezza che esiste una continuità nel pensiero medico e scientifico. Quando qualcuno si lamenta della crisi che sta attraversando la Medicina in questo momento, dobbiamo dire che tutto questo è dovuto in parte alla tecnologia, ma anche all'inaridimento della mentalità dei Medici. I Medici oggi hanno perduto "l'umanitas" che, invece, deve rappresentare un attributo inerente e saliente del loro animo.

La visita a questo Museo ha certamente un grande valore educativo, in particolare verso le nuove generazioni specie quelle degli operatori sanitari.