ROMA SPQR

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Fontana del Putto

La fontana

 

Dove si trova

Via Giulia

Zona
rione Ponte
Autore

A. da Sangallo il Giovane

Nanni di Baccio Bigio

Committente
Clemente X Altieri
Acqua

Muta

Camminando per la tranquilla via Giulia, non sempre si riesce a scorgere questa bella ex fontanella. Provenendo da S. Giovanni dei Fiorentini, la troviamo sulla desta, all'angolo con il vicolo del Cefalo. E' facile che sia coperta da qualche auto in sosta. Quello che ne resta oggi č solo la parte superiore, scolpita e addossata a palazzo Sacchetti. Al centro di una nicchietta, un bel puttino dove "far pipė", sorretto dalle code intrecciate di due delfini che si affrontano, e forse anche dalle bocche di questi zampillava acqua. Qualcuno la attribuisce nientemeno che ad Antonio da Sangallo e, a giudicare dalla bella scultura (doveva essere un vero piccolo gioiello), l'ipotesi non sembra troppo azzardata, ma non vi sono prove certe. Non sappiamo nemmeno chi l'abbia commissionata, anche se le stelle a sei punte che vediamo in alto ai lati, fanno pensare allo stemma di Clemente X Altieri (1670-1676), che potrebbe forse averla fatta restaurare o addirittura ricostruire, dato che i caratteri dell'edicola sono cinquecenteschi. Possiamo immaginarla completa con una vaschetta in travertino posta laddove il basamento marmoreo del palazzo lascia visibile un vuoto sulla muratura, sospesa o sorretta da un piedistallo.

Nanni di Baccio Bigio, č un altro probabile autore in quanto a lui fu commissionata da un proprietario del palazzo il cardinale Ricci di Montepulciano, la modifica e l'ampliamento della costruzione. Il proprietario successivo fu il banchiere Ceoli, il cui nome distorto dall'uso diede il nome di Cefolo mutato poi in Cefalo al vicolo. Successero poi gli Acquaviva e infine i Sacchetti, ultimi possessori del palazzo. Al di la del presunto progettista resta comunque l'eleganza e la raffinatezza dell'ex fontana superstite dopo l'amputazione della parte inferiore.

Nella parte superiore fra le due stelle, una volta c'era uno stemma di cui rimane traccia visibile sulla muratura. L'accurato lavoro a scalpello di rimozione si deve ai soldatacci francesi che durante l'occupazione di Roma si impossessarono appunto di stemmi marmorei e di migliaia e di migliaia di altre preziosissime opere d'arte mai pių restituite.