GIULIO CESARE

Nato a Roma, nel quartiere popolare della Suburra, ebbe subito ambizioni politiche di carattere popolare legate a Mario.

Svetonio racconta di Cesare: "Si dice che fosse, alto, ben proporzionato e di colorito chiaro. Aveva il viso troppo pieno e gli occhi neri e vivaci. Godeva di ottima salute, ma negli ultimi tempi soffriva di svenimenti e di incubi notturni: due volte, mentre svolgeva la sua attività, fu anche colto da attacchi epilettici ".

La morte di Catilina e il ritorno di Pompeo dall'Asia sembrava avessero rinsaldato la posizione dell'oligarchia senatoria, ma Pompeo si trovò di fronte l'opposizione del Senato  e due rivali: Crasso e Cesare.

L'atteggiamento dei senatori, che rifiutarono di concedere le terre ai suoi veterani, spinse Pompeo a intendersi con Crasso e Cesare, coi quali strinse un accordo prima segreto e poi palese, di carattere privato, che fu detto triumvirato, per una spartizione amichevole delle forze militari e dei comandi nelle province.

A Cesare fu assicurato il consolato per l'anno 59 a. C., Pompeo ebbe il governo della Spagna, Crasso il comando di una spedizione in Asia contro i Parti; a Cesare toccò inoltre per cinque anni il comando della Gallia Narbonese. L'accordo ebbe attuazione pratica coll'elezione di Cesare al consolato; egli fece approvare la legge che assicurava la distribuzione di terre ai veterani di Pompeo.

Cesare poté quindi intervenire nella Gallia dove lo avevano chiamato in aiuto gli Edui, minacciati dalla migrazione degli Elvezi. Scacciò i Suebi in Germania e sottomise i Belgi. Sbarcò in Britannia negli anni 55 e 54 a.C., ma non poté insistere in questa impresa a causa della rivolta generale dei Galli sotto Vercingetorige (52 a.C.), capo arverno di eccellenti qualità militari, che Cesare, dopo aver perso a Gergovia, costrinse a chiudersi ad Alesia, nella famosa battaglia dei due valli, ed a darsi prigioniero: la Gallia nel 51 a.C. era sottomessa.

Durante la guerra gallica a Roma non erano cessati i disordini e si avvertiva il bisogno di stabilire un maggiore equilibrio fra i triumviri. Così a Lucca, nel 56 a. C., si riunirono i triunviri e si concordò che Cesare e Pompeo, divenuti consoli per l'anno 55 a.C. avrebbero spertito il potere in questo modo: a Cesare il governo della Gallia per altri cinque anni, a Crasso, per un identico periodo, la provincia di Siria e a Pompeo il governo della Spagna. L'equilibrio fu rotto nel 53 a.C. per la morte di Crasso nella guerra contro i Parti: restavano di fronte Cesare e Pompeo .

 

 

Cesare e Pompeo

Il conflitto tra i due avversari scoppiò nell'anno 50 a.C.. Pompeo voleva conseguire il primato a Roma con il consenso e la sanzione del Senato; Cesare senza scrupoli costituzionali mirava a un potere fondato sull'appoggio dell'esercito. A una dubbia decisione del Senato di sostituirlo nel comando della Gallia, Cesare, non avendo altra via che la ribellione per conservare il proprio potere, si oppose con la forza e nella notte del 10 gennaio dell'anno 49 a.C. varcò in armi il fiume Rubicone (che segnava il confine fra l'Italia propria e la Gallia Cisalpina), occupò Rimini e avanzò su Roma, dalla quale fuggirono Pompeo ed i senatori, passando nelli Illiria e poi in Macedonia. La battaglia decisiva fu combattuta a Farsalo in Tessaglia, e Pompeo, vinto, fuggì in Egitto dove Tolomeo XIV lo fece uccidere a tradimento (48 a. C.), provocando un sincero dolore in Cesare.

Quest'ultimo, occupata l'Italia e le isole, passò in Egitto dove assegnò a Cleopatra, di cui si era innamorato, il potere tolto a Tolomeo XIV e sconfisse in una rapida campagna Farnace, figlio di Mitridate. Nel 47 a.C. intraprese una campagna militare che rapidamente concluse a Tapso (febbraio del 46); i superstiti seguaci di Pompeo fuggirono in Spagna, ove la resistenza anticesariana fu spezzata definitivamente con la vittoria di Munda, nel marzo del 45 a. C.

 

La dittatura

Cesare era padrone di Roma: si fece conferire la dittatura e anche la praefectura morum, propria dei censori, per dieci anni e iniziò una vasta opera di riforma dello Stato: completò l'allargamento della cittadinanza estendendola ai galli dell'Italia Transpadana, restituì i tribunali al Senato e ai cavalieri, limitò il lusso, restrinse l'elenco dei proletari che avevano diritto alle distribuzioni gratuite di frumento, attuò un largo piano di colonizzazione in Italia e fuori d'Italia (nella Gallia Narbonese, in Africa dove fu ricostruita Cartagine, in Grecia con la ricostruzione di Corinto); riformò il calendario portando anche gennaio, agosto e dicembre a 31 giorni e a 30 aprile, giugno, settembre e novembre, formando così l'anno di 365 giorni, ai quali veniva aggiunto il 3660 ogni quattro anni (anno bisestile).

Per l'attuazione delle riforme e per la sistemazione del dominio romano, Cesare disponeva di una grande potenza materiale basata sull'esercito e di un ascendente morale senza limiti. Rispettoso del potere politico della plebe, conservò all'assemblea plebea (i comizi tributi) il diritto di nominare i tribuni e gli edili e di promulgare plebisciti; ma tolse al popolo il diritto di associazione, abolendo le corporazioni artigiane. Pensò che fosse urgente assicurare la giustizia amministrativa nelle province, eliminando ogni abuso di funzionari, per mezzo della legge de repetundis , che conservò valore fino a Giustiniano. Favorì l'elevazione graduale delle popolazioni per giungere a un livellamento fra l'Italia e il mondo romano, ma era persuaso che alle province orientali si dovesse lasciare il loro carattere culturale greco, mentre l'opera di romanizzazione doveva attuarsi in occidente.

Le province furono portate a diciotto, dieci in Occidente (Sicilia, Sardegna e Corsica, Gallia Cisalpina, Illirico, Gallia Narbonese, Gallia Comata, Spagna Citeriore, Spagna Ulteriore, Africa Vetus, Africa Nova ) e otto in Oriente (Macedonia, Acaia ed Epiro, Creta, Asia, Bitinia e Ponto, Cilicia Cipro, Siria, Cirenaica), sotto il governo di due consoli uscenti di carica e di sedici ex-pretori scelti col consenso del dittatore.

Ma mentre Cesare stava preparando una spedizione contro i Parti per vendicare la sconfitta di Crasso, i capi dell'opposizione, Gaio Cassio Longino e Marco Giunio Bruto, congiurarono contro di lui: Cesare fu ucciso nella curia il 15 marzo del 44 a. C .