Questa sezione comincia con la chiesa che
cronologicamente chiude, in realtà, il periodo preso in esame, la
chiesa del Gesù legata alla memoria della presenza romana di S.
Ignazio di Loyola e chiesa «gesuita» per eccellenza, divenuta
quasi simbolo della Compagnia di Gesù, e di tutto quanto è legato nel
tempo a essa, di positivo e di negativo, in cui rientrano anche i
valori artistici e architettonici espressi dalla chiesa stessa.
Nel 1542, il santo stabilì la sua sede romana presso la preesistente
chiesetta di S. Maria della Strada, che a partire dal 1550 cercò di
ricostruire, sebbene morisse nel 1556 senza vedere iniziata l’opera. Finalmente nel 1568,
grazie a un generosissimo contributo finanziario del cardinale
Alessandro Farnese, si poté iniziare
la costruzione di un maestoso edificio su progetto del Vignola, a cui
seguì Giacomo Della Porta. La chiesa fu consacrata nel 1584, ma la decorazione
degli interni fu eseguita nel corso del XVII secolo,
mentre ulteriori arricchimenti si ebbero fino a metà dell’Ottocento.
La
facciata, nettamente spartita in due ordini dall’architrave, è opera
del Della Porta su progetto originario del Vignola, così come la bassa
cupola su tiburio, ed è stata per due secoli di modello a
innumerevoli altre, della Compagnia e non.
L’interno è a una sola, grande navata, fiancheggiata da ampie
cappelle, con volta a botte, secondo le esigenze controriformistiche che
richiedevano spazi sacri da ogni punto dei quali fosse visibile l’altar
maggiore, il più possibile semplificati: l’attuale, trionfale decorazione, è, come detto, del secolo successivo, e va in una direzione
esattamente opposta a quella del progetto originario, in una splendida
esibizione di ricchezza cromatica e preziosità dei materiali.
La
volta della navata è occupata dal grandioso affresco del Trionfo
del Nome di Gesù, eseguito
dal Baciccia nel 1679, così come del Baciccia sono gli affreschi nei
pennacchi e nella calotta della cupola, il tutto inserito in un insieme
di stucchi e dorature, eseguiti tra il 1672 e il 1685, che costituiscono
una delle più strepitose «macchine» barocche eseguite in Roma nel
corso del Seicento.
Le
cappelle presentano interessanti esemplari di arte sacra «riformata»,
inoltre sono da notare, nella terza cappella destra, degli affreschi
di Federico Zuccari, nella terza cappella sinistra, all’altare,
la
SS. Trinità di Francesco
Bassano, nella seconda, sculture di Domenico Guidi e Cosimo Fancelli,
nella prima, all’altare, S.
Francesco Borgia in estasi, di Andrea Pozzo. Ma le opere d’arte
più rilevanti sono conservate nelle cappelle alle testate del
transetto e nell’abside: alla testata destra, pala d’altare con S.
Francesco Saverio moribondo, di Carlo Maratta, nella cappella a
destra dell’abside, all’altare Sacro
Cuore, di Pompeo Batoni (1760). La tribuna fu riccamente decorata,
come accennato, nel 1841-1843 per munificenza dei principi Torlonia a
opera di Antonio Sarti. Nell’arcone e nel catino absidale, altri
affreschi del Baciccia; sul pavimento, tomba dei cardinali Alessandro e
Odoardo Farnese.
La cappella di S. Ignazio, testata del transetto sinistro, è stata
decorata su disegni di Pietro da Cortona, e successivamente da
Andrea Pozzo; l’altare è una creazione monumentale di estrema
preziosità, con colonne rivestite di lapislazzuli e sculture dorate e
argentate; la statua di S. Ignazio, originariamente fusa in argento da
Pierre Legros, fu poi rifusa per le requisizioni previste dal trattato
di Tolentino (1797) e rifatta in stucco argentato dal Tadolini.
Sull’urna che custodisce il corpo di S. Ignazio, S. Ignazio
e Martiri Gesuiti, di Alessandro Algardi.
Uscendo dalla chiesa, alla sua destra, la Casa Professa, antica sede
della Compagnia, costruita tra il 1599 e il 1623 su progetto di Girolamo
Rainaldi.
|